Dopo di Noi: Quando il Diritto Rende Immortali
Caro Visitatore le voglio parlare di una mia splendida esperienza di vita che, come una stella polare per i marinai, mi ha guidato nelle mie successive scelte professionali.
Circa quindici anni fa, la mia professione mi portò ad incontrare una persona molto speciale, una poetessa di nome Giusy Artiaco, affetta da grave disabilità agli arti superiori, senza equilibrio per poter camminare da sola, che fin da bambina aveva imparato ad utilizzare i piedi al posto delle mani.
Con l’amorevole aiuto dei sui genitori e la sua grande forza di volontà ed attaccamento alla vita, Giusy era riuscita a conseguire la licenza di scuola media.
Quando la conobbi era già da qualche anno rimasta orfana di entrambi i genitori e viveva con una zia con la quale condivideva poco, ma da cui, però, dipendeva per ogni cosa.
In quel momento Il mio pensiero andò proprio ai suoi genitori ed a quanto avrebbe alleviato la loro esistenza il sapere di poter scegliere in vita la persona a cui affidare la loro figliola per il “dopo di loro” ed alla possibilità di stilare un programma, a cui questa persona avrebbe dovuto rigorosamente attenersi, per assicurarle un’esistenza serena volta al conseguimento delle sue aspirazioni.
Mi chiesi allora cosa avrei potuto fare, come avvocato, affinchè “i desiderata” di genitori di figli diversamente abili (o anche dipendenti da droga, alcool, gioco d’azzardo) si potessero materializzare, anche dopo di loro, nella prosecuzione, di cure, di assistenza, di attenzione e più in generale nel mantenimento della stessa qualità di vita.
Passai in rassegna gli istituti giuridici che l’ordinamento pone a tutela dei soggetti deboli della famiglia (tutela, curatela e, successivamente, amministrazione di sostegno) ma per tutti mi apparve chiaro un limite macroscopico: nessuno di essi contemplava la possibilità d’imporre, postumo, la volontà dei genitori della persona da tutelare, la quale era lasciata al libero arbitrio (salve poche eccezioni) del curatore, del tutore o dell’amministratore di sostegno, parente o estraneo che fosse.
Nel 2001 (grazie ad una monografia di un commercialista di Firenze) ebbi modo apprendere che un istituto giuridico di origine anglosassone denominato “trust” aveva trovato la piena legittimazione giuridica in Italia a seguito della ratifica della “Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985 sulla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento”, avvenuta con la legge 16 ottobre 1989 n. 364 entrata in vigore il 1° gennaio 1992.
Per saperne di più, nel 2006 mi iscrissi alla associazione “Il trust in Italia”, che si prefissava l’obiettivo di divulgare nel nostro paese gli effetti “rivoluzionari” di tale istituto.
Oggi l’associazione è annoverata dal Consiglio Nazionale Forense tra le 14 associazioni specialistiche maggiormente rappresentative.
Non è certamente questa la sede per elencarvi le caratteristiche tecniche di tale istituto, ma quello che mi preme è di far conoscere ai lettori la sua portata innovativa.
Con il Trust è possibile dar luogo ad una forma di testamento evoluto in favore del soggetto da proteggere; in altri termini, è un atto che consente ai genitori di programmare in modo dettagliato ed inequivocabile tutti gli aspetti alla vita quotidiana delle persone da tutelare per il tempo in cui non potranno più prendersi cura di loro, affidandosi ad un soggetto (parente, fondazione, onlus, associazione, ente, società ecc.ecc.) che non potrà derogare a tali disposizioni.
Mi corre l’obbligo di precisare che il trust non sostituisce i richiamati istituti tradizionali di protezione dei soggetti deboli, ma si coordina con gli stessi con la supervisione Istituzionale del Giudice Tutelare presso il Tribunale di competenza.
Un bel passo avanti è stato fatto con l'approvazione della legge n. 112/2016 (grazie soprattutto alla tenacia della relatrice, la deputata Ileana Argentin da sempre in prima linea a difesa delle persone diversamente abili), che ha reso concreta la possibilità di programmare il futuro di soggetti affetti da grave disabilità appartenenti a famiglie disagiate (si veda spazio dedicato).
Mi auguro che queste informazioni possano aver dato un po’ di conforto a tutti coloro che vivono le problematiche legate all’esperienza di cui ho appena trattato.
Caro Visitatore le voglio parlare di una mia splendida esperienza di vita che, come una stella polare per i marinai, mi ha guidato nelle mie successive scelte professionali.
Circa quindici anni fa, la mia professione mi portò ad incontrare una persona molto speciale, una poetessa di nome Giusy Artiaco, affetta da grave disabilità agli arti superiori, senza equilibrio per poter camminare da sola, che fin da bambina aveva imparato ad utilizzare i piedi al posto delle mani.
Con l’amorevole aiuto dei sui genitori e la sua grande forza di volontà ed attaccamento alla vita, Giusy era riuscita a conseguire la licenza di scuola media.
Quando la conobbi era già da qualche anno rimasta orfana di entrambi i genitori e viveva con una zia con la quale condivideva poco, ma da cui, però, dipendeva per ogni cosa.
In quel momento Il mio pensiero andò proprio ai suoi genitori ed a quanto avrebbe alleviato la loro esistenza il sapere di poter scegliere in vita la persona a cui affidare la loro figliola per il “dopo di loro” ed alla possibilità di stilare un programma, a cui questa persona avrebbe dovuto rigorosamente attenersi, per assicurarle un’esistenza serena volta al conseguimento delle sue aspirazioni.
Mi chiesi allora cosa avrei potuto fare, come avvocato, affinchè “i desiderata” di genitori di figli diversamente abili (o anche dipendenti da droga, alcool, gioco d’azzardo) si potessero materializzare, anche dopo di loro, nella prosecuzione, di cure, di assistenza, di attenzione e più in generale nel mantenimento della stessa qualità di vita.
Passai in rassegna gli istituti giuridici che l’ordinamento pone a tutela dei soggetti deboli della famiglia (tutela, curatela e, successivamente, amministrazione di sostegno) ma per tutti mi apparve chiaro un limite macroscopico: nessuno di essi contemplava la possibilità d’imporre, postumo, la volontà dei genitori della persona da tutelare, la quale era lasciata al libero arbitrio (salve poche eccezioni) del curatore, del tutore o dell’amministratore di sostegno, parente o estraneo che fosse.
Nel 2001 (grazie ad una monografia di un commercialista di Firenze) ebbi modo apprendere che un istituto giuridico di origine anglosassone denominato “trust” aveva trovato la piena legittimazione giuridica in Italia a seguito della ratifica della “Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985 sulla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento”, avvenuta con la legge 16 ottobre 1989 n. 364 entrata in vigore il 1° gennaio 1992.
Per saperne di più, nel 2006 mi iscrissi alla associazione “Il trust in Italia”, che si prefissava l’obiettivo di divulgare nel nostro paese gli effetti “rivoluzionari” di tale istituto.
Oggi l’associazione è annoverata dal Consiglio Nazionale Forense tra le 14 associazioni specialistiche maggiormente rappresentative.
Non è certamente questa la sede per elencarvi le caratteristiche tecniche di tale istituto, ma quello che mi preme è di far conoscere ai lettori la sua portata innovativa.
Con il Trust è possibile dar luogo ad una forma di testamento evoluto in favore del soggetto da proteggere; in altri termini, è un atto che consente ai genitori di programmare in modo dettagliato ed inequivocabile tutti gli aspetti alla vita quotidiana delle persone da tutelare per il tempo in cui non potranno più prendersi cura di loro, affidandosi ad un soggetto (parente, fondazione, onlus, associazione, ente, società ecc.ecc.) che non potrà derogare a tali disposizioni.
Mi corre l’obbligo di precisare che il trust non sostituisce i richiamati istituti tradizionali di protezione dei soggetti deboli, ma si coordina con gli stessi con la supervisione Istituzionale del Giudice Tutelare presso il Tribunale di competenza.
Un bel passo avanti è stato fatto con l'approvazione della legge n. 112/2016 (grazie soprattutto alla tenacia della relatrice, la deputata Ileana Argentin da sempre in prima linea a difesa delle persone diversamente abili), che ha reso concreta la possibilità di programmare il futuro di soggetti affetti da grave disabilità appartenenti a famiglie disagiate (si veda spazio dedicato).
Mi auguro che queste informazioni possano aver dato un po’ di conforto a tutti coloro che vivono le problematiche legate all’esperienza di cui ho appena trattato.